GROTTE di TOIRANO/ SENTIERO TERRE ALTE
Il territorio di Toirano è situato nella valle omonima, sulla destra del torrente Varatella e alla confluenza
di quest'ultimo con il Barescione. È dominato dal monte San Pietro dei Monti (891 m)ed è inciso
lateralmente dalla valle del torrente Vero, ove si aprono quasi un'ottantina di cavità ampie e minori e tra
queste le celebri grotte della Basura (la bàsura, nel dialetto locale, farebbe riferimento alla strega) e del
Colombo.
La valle ospitava probabilmente un insediamento già in epoca romana, come testimonierebbero i
ritrovamenti di tracce murarie nella località di Poggi datate al I secolo e alcune tombe a incinerazione
nella località di Crociata. Successivamente, forse, fece parte del limes dei Bizantini a difesa dai
Longobardi.
Nel Medioevo parte degli abitanti appartennero ai vescovi di Albenga; altri si costituirono in Comune, che
si diede statuti propri tra il XII e il XIII secolo. In seguito fu conteso tra la Repubblica di Genova e il
Marchesato di Finale, finché nel 1385 fu assegnato definitivamente ai Genovesi da papa Urbano VI,
seguendone le sorti sotto la giurisdizione della podesteria della Pietra. Con la dominazione francese il
territorio di Toirano rientrò dal 2 dicembre 1797 nel Dipartimento della Maremola, con capoluogo Pietra,
all'interno della Repubblica Ligure. Annesso al Primo Impero francese, il territorio di Toirano dal 13
giugno 1805 al 1814 fu inserito nel Dipartimento di Montenotte.Nel 1815 fu inglobato nel Regno di
Sardegna, così come stabilì il Congresso di Vienna del 1814, e successivamente nel Regno d'Italia dal
1861. Passò poi sotto la neo costituita provincia di Savona. Il 12 agosto 1944 il paese subì un pesante
bombardamento da parte delle forze aeree anglo-americane causando 44 vittime civili.
Il complesso turistico delle grotte di Toirano è composto dalla Grotta della Bàsura ("strega" in dialetto),
scoperta nel 1950 da un gruppo di toiranesi e dalla Grotta di Santa Lucia Inferiore, scoperta nel 1961.
Fu aperto al pubblico nel 1953 e ampliato nel 1967 con l'inaugurazione di un tunnel artificiale di
collegamento tra le due cavità naturali: il percorso turistico è oggi a senso unico, con ingresso sul
versante nord della collina ed uscita a sud-ovest.
Il santuario rupestre di Santa Lucia è situato presso la grotta di Santa Lucia Superiore nel versante
meridionale del monte San Pietro dei Monti. Ogni anno, per la festa del 13 dicembre, si svolge una
suggestiva processione con fiaccolata organizzata dal "Gruppo Speleologico Cycnus". Già in epoca
tardo medievale esisteva nel luogo un piccolo santuario, scavato in parte nella roccia e dedicato a santa
Lucia. Nella parte più anteriore un successivo luogo di culto - sempre intitolato alla santa di Siracusa -
venne ricavato nella grotta. Quest'ultimo fu riconosciuto con il titolo di santuario con la bolla papale di
Leone X del 1519 .
Sul piazzale, ove trovano collocazione due secolari cipressi, insiste una casa detta "dell'Eremita"
sormontata da una torre campanaria in stile barocco. Le due strutture parzialmente racchiudono la cavità
naturale ove insiste il santuario vero e proprio, scavato nella roccia e pavimentato a selciato. In
posizione sopraelevata è l'altare dove, chiusa da una grata in ferro battuto, è custodita la statua di Santa
Lucia da Siracusa - opera di Taddeo Carlone - il cui culto religioso si diffuse tra i fedeli della val Varatella
già a partire dal Quattrocento. Un altro anfratto della grotta di Santa Lucia Superiore si inoltra per un
centinaio di metri avente la particolarità delle incisioni e delle firme fatte dai vari pellegrini in visita al
luogo di culto.
L’abbazia di San Pietro in Varatella sorge sull’omonimo monte, lungo le pendici meridionali del Monte
Carmo, vicino al Monte Ravinet, a cui è collegato da un istmo.
Le origini risalgono al secolo VIII, anche se una tradizione medievale vuole che San Pietro, fuggito da
Antiochia, prima di recarsi a Roma si fermò in questo luogo e vi trovò le condizioni ideali per la preghiera
e la meditazione. Carlo Magno la dotò di vasti terreni e i monaci benedettini provvidero a renderli idonei
alla coltivazione, anche grazie ai dotti che avevano accesso ai trattati romani sull'agricoltura. Nel
Duecento, per contrasti con il vescovo di Albenga, il complesso passò ai cistercensi, che però nel
Quattrocento lo abbandonarono per trasferirsi in un luogo più comodo (la stessa cosa è successa in Val
di Susa all'abbazia di Montebenedetto).
Oggi le costruzioni rimanenti sono state ristrutturate da volontari, che hanno anche creato degli ambienti
per ospitare chi vuole passare la notte qui.
Normalmente la chiesa, unica vestigia dell'abbazia, peraltro ampiamente rimaneggiata in tempi recenti, è
chiusa. Se però salgono i volontari che ne curano la manutenzione, si può fare un giro all'interno, con
tanto di cicerone